sabato 7 aprile 2012

Musica, Mietta: "Che portafortuna, il trottolino amoroso..."

20 luglio 2006 -  Mietta, all’anagrafe Daniela Miglietta, torna a cantare dal vivo per proporre le undici nuove canzoni che compongono il suo ultimo lavoro discografico, che subito dal titolo si presenta sotto una chiave certamente biografica: 74100 è, infatti, il codice di avviamento postale di Taranto. Stasera e domani canterà a Roma, per la precisione all’interno della città universitaria e ad Artena.
Una delle interpreti preferite dai nostri cantautori (Minghi, Antonacci, Mango, Panceri, Cocciante, Sottotono, Nek hanno composto per lei), anche in questo suo nuovo cd Mietta si avvale della presenza illustre di autori del calibro di Mariella Nava, Simone Cristicchi, Mario Venuti, Valeria Rossi, Neffa, Jerico e Valentina Ducrò. Alla stesura dei testi dell'album, uscito circa due mesi fa su etichetta Ambra Music/Distribuzione Sony BMG, ha partecipato la stessa Mietta nella scrittura di quattro testi.
Il titolo volutamente richiama alle tue origini?“Sì, nel senso più largo di un omaggio che ho voluto tributare alla mia città che mi è sempre stata vicina e mi ha incoraggiata sin da quando ho cominciato a cantare”.
E in che cosa in particolar modo le richiama?“Non è un album ‘etnico’, ‘mediterraneo’ che richiama le tradizioni della mia terra da dove è partito tutto: più che altro mi piaceva molto il suono del Cap che si abbinava bene col mio nome d’arte”.
In una nota hai scritto di dedicare il disco “a questo mondo spaventato, a chi ha paura di sperare ma ha ancora voglia di credere alle favole”: personalmente di che cosa hai maggior timore?“La più grande paura che a mio avviso abbiamo tutti è quella dell’ipocrisia, del menefreghismo diffuso, del totale annientamento della personalità. Ognuno di noi è talmente chiuso nel suo estremo individualismo da dimenticare quanto sia meglio stare insieme e uniti e vivere davvero in un mondo migliore, aldilà della retorica”.
La canzone può aiutare in qualche modo?“Può aiutare moltissimo. Riesce a smuovere le montagne, a rendere vicine persone tra loro fisicamente distanti, a documentare momenti di vita, a raccontare stati d’animo facendoci immedesimare nelle varie situazioni”.
Quando diversi autori scrivono canzoni per gli interpreti è solo un accordo a livello discografico o il tutto nasce da rapporti anche personali?“Facendo questo mestiere da parecchi anni, ormai quasi diciott’anni, ho avuto la possibilità di intessere rapporti personali con grandi artisti, ai quali fortunatamente ho potuto chiedere delle canzoni. Certo, con molta cautela, visto che un cantautore scrive soprattutto per sé”.
In questo disco hai scritto quattro canzoni anche tu…“Senza alcuna nota di presunzione vado molto orgogliosa di questo. Credo che alla fine risulti ben più interessante interpretare sensazioni o storie che scrivi di persona o che racconti interagendo con altri autori. Ci tenevo tanto anche perché questo cd viene dopo tre anni dal penultimo e poi si avverte la dimensione dell’incisione tutto dal vivo, con “suoni suonati”.
Che cosa ti ha spinto a scrivere; prima non avevi cose da raccontare ed esprimere?“Avevo già scritto qualcosa nei precedenti dischi. È chiaro che ci sono momenti in cui sei più ispirato e scrivi quello che ti viene da dentro. Fondamentalmente sono un’interprete e quindi un po’ di timore ce l’ho: sono coinvolta in prima persona in questo progetto cui tengo tantissimo”.
Nel tuo repertorio vige un’assoluta varietà di generi. Che cos’è: semplice voglia di cambiare o testimonianza di uno spirito inquieto?“Potrebbe essere ma non è solo questo. Credo che la musica è bella proprio perché può manifestarsi in molti generi e non reputo giusto etichettarla e rinchiuderla in uno solo. Come interprete può risultare facile restare ancorati a un genere, come autrice dà maggiori soddisfazioni la possibilità di spaziare. Basti pensare a Carmen Consoli: il suo ultimo cd è totalmente diverso dai suoi esordi rock”.
Non sempre però il pubblico è ben disposto ai cambiamenti. A volte ne rimane disorientato…“Quella fetta di pubblico che mi conosce bene non è rimasto stordito: mi ha capito benissimo. Certo, ho spiazzato il grande pubblico perché ho sperimentato più volte: alla fine però ha premiato la mia forza di voler esprimere le cose che sentivo al momento”.
Parafrasando il titolo del primo singolo, qual è “il fiore” che non hai colto nella tua carriera musicale?
“Tantissimi girasoli, il mio fiore preferito. Evidentemente c’è stato più di un buon motivo che mi ha impedito di coglierli. Va bene così: non sono una che vive di rimpianti”.
Che cosa è rimasto in te del celeberrimo “trottolino amoroso”?“Sicuramente il ricordo di un bel portafortuna, di un sogno che si è avverato e che mi porto sempre addosso: è la prova che un grande amore può diventare anche un grande amico”
Giovanni Zambito (www.affaritaliani.it)

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